Il Tar boccia la legge regionale sui B&B

La sentenza: l’obbligo di chiusura delle attività di 120 giorni l’anno viola la libertà d’impresa. Accolto il ricorso del Garante della concorrenza. Da cancellare i vincoli come la metratura minima

ROMA – La Regione non può limitare l’esercizio di case vacanze e bed&breakfast anche se questi sono aperti da chi non fa impresa, perché così facendo limita la libera concorrenza. Il Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si era opposta al nuovo regolamento regionale sulle attività extralberghiere presentato lo scorso agosto, a pochi mesi dall’inizio del Giubileo, come l’«antidoto» all’abusivismo e al rischio sicurezza.

Ora la Regione dovrà riscrivere quel regolamento almeno nella parte in cui imponeva a case vacanze e b&b, gestiti in forma non imprenditoriale, periodi di chiusura obbligatoria di, rispettivamente, 100 e 120/90 giorni; dava la possibilità al Comune di Roma di individuare sul proprio territorio delle zone da destinare all’apertura di ostelli per evitare un’eccessiva concentrazione delle strutture; imponeva vincoli dimensionali della struttura in termini di metratura minima obbligatoria di alcuni spazi, prescrivendo onerosi obblighi di adeguamento anche alle strutture esistenti.

Tutti questi vincoli, ha stabilito il Tar in una sentenza di alcuni giorni fa, devono essere cancellati. In particolare i giudici amministrativi obiettano alla Regione il fatto di aver stabilito una serie di regole che riguardano soltanto case vacanze e b&b e non altre tipologie del settore extralberghiero.

Inoltre il Tar sostiene che non ci sono motivazioni valide per porre a case vacanze e b&b la distinzione tra attività imprenditoriale e non imprenditoriale, che la Regione motiva per esigenze di «ordine e chiarezza» riferendosi in particolar modo all’ambito tributario. Ebbene il Tribunale, su questo punto, ribatte che «l’ordine e la chiarezza non rientrano nel novero dei motivi di interesse generale che, ove sussistenti, potrebbero giustificare una limitazione».

Quanto alla giustificazione che la distinzione tra attività imprenditoriale e non assicuri l’adeguamento fiscale da parte di chi apre un b&b, il Tar conclude che «l’Amministrazione finanziaria statale è ben dotata di strumenti suoi» per rispondere a questo obiettivo.

E non può valere neanche la motivazione, messa in campo dalla Regione, che tale distinzione favorirebbe la lotta alle attività ricettive irregolari. Secondo i giudici questo significherebbe che la Regione «contrasterebbe l’irregolarità della struttura solo dal punto di vista dell’inattività nel corso dell’anno». Insomma il regolamento così come è stato pensato non regge.

La sentenza non piacerà agli albergatori, che avevano salutato favorevolmente il nuovo impianto normativo, mentre trova l’accordo gli operatori dell’extralberghiero. Claudio Cuomo, presidente Aigo-Confesercenti commenta: «Il Tar sancisce un principio senza precedenti per le attività ricettive extralberghiere.

Una vera e propria svolta per le attività ed in particolare per le forme non imprenditoriali, che da sempre hanno subito limiti imposti nelle leggi regionali di riferimento. Abbiamo già chiesto alla Regione un incontro e siamo in attesa di una risposta».

La Regione non può limitare l’esercizio di case vacanze e bed&breakfast anche se questi sono aperti da chi non fa impresa, perché così facendo limita la libera concorrenza.

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si era opposta al nuovo regolamento regionale sulle attività extralberghiere presentato lo scorso agosto, a pochi mesi dall’inizio del Giubileo, come l’«antidoto» all’abusivismo e al rischio sicurezza.

Ora la Regione dovrà riscrivere quel regolamento almeno nella parte in cui imponeva a case vacanze e b&b, gestiti in forma non imprenditoriale, periodi di chiusura obbligatoria di, rispettivamente, 100 e 120/90 giorni; dava la possibilità al Comune di Roma di individuare sul proprio territorio delle zone da destinare all’apertura di ostelli per evitare un’eccessiva concentrazione delle strutture; imponeva vincoli dimensionali della struttura in termini di metratura minima obbligatoria di alcuni spazi, prescrivendo onerosi obblighi di adeguamento anche alle strutture esistenti.

Tutti questi vincoli, ha stabilito il Tar in una sentenza di alcuni giorni fa, devono essere cancellati. In particolare i giudici amministrativi obiettano alla Regione il fatto di aver stabilito una serie di regole che riguardano soltanto case vacanze e b&b e non altre tipologie del settore extralberghiero.

Inoltre il Tar sostiene che non ci sono motivazioni valide per porre a case vacanze e b&b la distinzione tra attività imprenditoriale e non imprenditoriale, che la Regione motiva per esigenze di «ordine e chiarezza» riferendosi in particolar modo all’ambito tributario. Ebbene il Tribunale, su questo punto, ribatte che «l’ordine e la chiarezza non rientrano nel novero dei motivi di interesse generale che, ove sussistenti, potrebbero giustificare una limitazione».

Quanto alla giustificazione che la distinzione tra attività imprenditoriale e non assicuri l’adeguamento fiscale da parte di chi apre un b&b, il Tar conclude che «l’Amministrazione finanziaria statale è ben dotata di strumenti suoi» per rispondere a questo obiettivo.

E non può valere neanche la motivazione, messa in campo dalla Regione, che tale distinzione favorirebbe la lotta alle attività ricettive irregolari. Secondo i giudici questo significherebbe che la Regione «contrasterebbe l’irregolarità della struttura solo dal punto di vista dell’inattività nel corso dell’anno». Insomma il regolamento così come è stato pensato non regge.

La sentenza non piacerà agli albergatori, che avevano salutato favorevolmente il nuovo impianto normativo, mentre trova l’accordo gli operatori dell’extralberghiero. Claudio Cuomo, presidente Aigo-Confesercenti commenta: «Il Tar sancisce un principio senza precedenti per le attività ricettive extralberghiere. Una vera e propria svolta per le attività ed in particolare per le forme non imprenditoriali, che da sempre hanno subito limiti imposti nelle leggi regionali di riferimento.

Abbiamo già chiesto alla Regione un incontro e siamo in attesa di una risposta».

 

Damiana Verucci per Il Tempo