Coop “Piccolo Carro”, Barberini risponde alla democristiana. M5S attacca: «Una specie di setta dove si faceva proselitismo tra le auto di lusso»

L’assessore regionale alla Sanità, Luca Barberini, minimizza il ruolo della giunta regionale dell’Umbria. La consigliera Maria Grazia Carbonari: «La Regione Umbria era a conoscenza della situazione dal 2013. Il figlio della Serlupini, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, è socio della coop ‘Piccolo Carro’che gestisce le case-famiglia»

PERUGIA | (Acs) – Il consigliere regionale del Movimento 5 stelle Maria Grazia Carbonari ha illustrato oggi all’Assemblea legislativa dell’Umbria, nell’ambito della seduta dedicata alle interrogazioni a risposta immediata, l’atto ispettivo firmato anche dal collega Andrea Liberati relativo alle “attività di controllo nei confronti della cooperativa sociale ‘Il Piccolo Carro’, in merito alla regolarità del suo operato”. Illustrando l’interrogazione Carbonari ha evidenziato che “la Regione Umbria era a conoscenza delle criticità della struttura dal 2013, a seguito della relazione presentata da un Comune, sulle attività svolte da quella struttura”.

“Il gruppo tecnico di controllo creato nel Comune di Perugia – ha evidenziato la consigliera M5S – segnalò come le strutture gestite dalla cooperativa presentavano una spiccata connotazione sanitaria accanto a quella socio-educativa, tanto da chiedere l’intervento di AsI e Comuni interessati. Nel 2016, a conclusione di una intensa e difficile attività di verifica, erano emerse criticità riguardo a possibili anomalie nello svolgimento delle attività laboratoriali effettuate fuori dalla zona sociale 2, di competenza del Comune di Perugia: di questo gli uffici comunali avevano tempestivamente provveduto ad informare la Regione e la Asl. Ulteriore elemento gravissimo, indicativo del grado di mancata vigilanza e rispetto delle regole in cui si operava, è poi il fatto che la struttura ha continuato indisturbata ad operare (e ricevere soldi pubblici) nonostante sia stata emessa una ordinanza da parte del sindaco di Bettona, nel 2002, che ordinava l’immediata chiusura della struttura per violazioni urbanistiche. La cooperativa – ha rilevato Carbonari – ha avuto nel 2015 un fatturato pari a 4.951.837 euro (in linea con gli anni precedenti) e ha distribuito ai suoi 50 soci oltre 3milioni di euro in compensi. Maria Pia Serlupini, Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza (il cui figlio è socio della cooperativa), e la presidente Catiuscia Marini sono state di recente in una visita ufficiale alla comunità del Piccolo Carro lo scorso maggio, una visita che più che essere una ispezione sembrava un endorsement alla struttura in piena bufera mediatica”.

L’assessore alla Sanità, Luca Barberini, ha risposto spiegando che “le strutture del Piccolo Carro svolgono le attività per le quali la zona sociale ha rilasciato autorizzazione. Alla Regione spetta solo la programmazione. Tutte le comunità gestite dalla cooperativa sono state autorizzate dia Comuni di Perugia, Assisi e Bettona, per attività socio-educative e non di tipo socio-sanitaria, per la quale ovviamente non sono autorizzate e neppure accreditate. Gli unici soggetti deputati a dichiarare l’interruzione delle attività sono Zone sociali e Comuni. All’assessorato sono giunte relazioni puntuali da parte del Comune di Assisi e di Perugia, nelle quali emergevano possibile attività sanitarie nelle strutture. Appena ricevute quelle relazioni le abbiamo trasmesse alla Procura della Repubblica e ai Carabinieri del Nas. Questo è quello che potevamo e dovevamo fare. Sulle presunte incompatibilità, esiste il codice di comportamento dei dipendenti pubblici e nello specifico anche nella legge che istituisce il garante dell’infanzia. Tra le incompatibilità previste non ce ne sono alcune riferibili alla situazione del Garante”.

Il consigliere Carbonari ha replicato rimarcando che “la Regione era a conoscenza di questa situazione dal 2013. Ciò nonostante la presidente e il Garante dell’infanzia si sono recate in visita in quella struttura, in modo politicamente inopportuno. Quella società è già stata cacciata dalla ConfCooperative dato che si tratta di una attività a scopo di lucro. Una sorta di ‘setta’ dove si faceva proselitismo tra le auto di lusso”