#Tarquinia2017 – Ranucci oltre i conflitti di interesse nelle palestre candidata Fabiola Cenci che per legge è ineleggibile

Il candidato del Partito Democratico gestisce (prima lui poi la moglie) palestre di proprietà comunale. L’atto di concessione risale al 2008 e dovrebbe pagare circa 100 euro al mese. Il candidato di punta del PD che andrebbe in accoppiata con Mauro Mazzola ricopre la carica di Direttore Sanitario della Asl distretto di Tarquinia

TARQUINIA – Anselmo Ranucci sente la pressione delle polemiche ma rimangono eclatanti gli elementi di incompatibilità suoi e di alcuni candidati di spicco. Sul suo profilo Facebook continuano le sue messe in scena ma non concede risposte sui tanti dubbi sollevati in questi ultimi tempi e dei quali dobbiamo ringraziare Maneschi che ci ha concesso i documenti.

Delibere datate negli anni, scadute e mai rinnovate. Elementi di incompatibilità e inconferibilità che non pregiudicano lo sport praticato, come vorrebbe far credere quel furbetto di Ranucci, ma che certo minano la sua credibilità di amministratore e correttezza che lo sport per prima insegna.

La società sportiva della moglie paga poco le concessioni delle palestre. Non paga le bollette dell’energia elettrica e anche del gas abbiamo scoperto e, soprattutto, ogni anno percepisce contributi ben oltre i limiti imposti dalla legge che Ranucci dovrebbe ben conoscere. (leggi delibera) (leggi anche questa)

Adesso, altro caso eclatante, quello della candidatura del direttore sanitario dell’Ospedale di Tarquinia, dottoressa Fabiola Cenci. Strano che né lui, né Mazzola, né tantomeno la dottoressa che si sarebbe dovuta guardare bene dal candidarsi erano a conoscenza di leggi vecchie e di recente modifica.

Non è elegibile e quindi gli uffici comunali e la Prefettura devono toglierla dalla lista del PD meglio conosciuta come lista Poltrone&Divani. 

L’art. 60 del D.lgs 8 agosto 2000, n. 267 (TUEL) prevede i casi di ineleggibilità a Sindaco ed a consigliere comunale di alcune cariche, tra le quali il direttore generale, il direttore sanitario e il direttore amministrativo delle ASL e delle aziende ospedaliere. L’Art. 14 del D.lgs 39/2013 a sua volta tratta della incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali. In particolare gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una regione sono incompatibili:

b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;

L’Autorità Nazionale Anticorruzione con atto n. 58/2013 ha espresso un orientamento in base al quale si dovrebbe intervenire per estendere questi casi di incompatibilità al fine di evitare l’utilizzo della carica e del potere ad essa connesso da parte di alcuni dirigenti delle ASL e di altri enti operanti nel settore della sanità per essere eletti.

Dopo l’emanazione della delibera n. 58 del 2013 alcune amministrazioni hanno formulato osservazioni e posto all’Autorità ulteriori quesiti relativi all’applicazione del decreto legislativo 8 aprile 2014, n. 39 nel settore sanitario”, parte con questa premessa la nuova deliberazione dell’Authority anticorruzione diretta da Raffaele Cantone.

Due le questioni poste all’attenzione della nuova deliberazione, che sostituisce integralmente quella del 2013: l’ambito di applicazione e i destinatari. Per la prima questione Cantone sottolinea che il d.lgs. 39/2013 è applicabile “a tutte le strutture del servizio sanitario che erogano attività assistenziali volte a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo”. Sottolineando che “si ritiene, pertanto, che, nell’espressione “Aziende Sanitarie Locali”, si intendono ricomprese tutte le strutture preposte all’organizzazione e all’erogazione di servizi sanitari, incluse anche le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico”.

LEGGETE ATTENTAMENTE: (clicca qui la fonte di chiarimento sulla legge votata in Regione Lazio)

Le cause di ineleggibilità alla carica di amministratore comunale sono disciplinate dall’articolo DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2013, n. 39 “Disciplina delle elezioni comunali e modifiche alla legge regionale 28/2007 in materia di elezioni regionali”.

Tale decreto legislativo ha riprodotto la normativa sulla ineleggibilità degli amministratori degli enti locali, in precedenza contenuta principalmente nella legge 23 aprile 1981, n. 154.

Nella trattazione è stato tenuto conto, in quanto ancora attuali e compatibili con la nuova disciplina, delle interpretazioni (sentenze, pareri, circolari, ecc.) che erano intervenute sulle precedenti leggi ora abrogate.

È principio consolidato che le cause limitative del diritto, garantito costituzionalmente, all’elettorato passivo sono norme di “stretta interpretazione”.

La legge regionale 19/2013, disciplina l’ineleggibilità in enti locali diversi. In particolare, il comma 1, dell’articolo 10, prevede l’ineleggibilità alla carica di sindaco, consigliere comunale e circoscrizionale per i sindaci, gli assessori comunali esterni, i consiglieri comunali e circoscrizionali in carica in un altro comune non interessato alle elezioni; il comma 2 dello stesso articolo precisa che la causa di ineleggibilità non ha effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni divenute efficaci e irrevocabili non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature. Pertanto, nel caso di dimissioni presentate dal sindaco, la disposizione va coordinata con le disposizioni che prevedono l’irrevocabilità e quindi l’efficacia delle dimissioni, trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione al consiglio.

L’articolo 60, comma 1, del decreto legislativo 267/2000, elenca i casi tassativi di ineleggibilità alla carica di consigliere comunale.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 13 ottobre 2010, n. 175 dall’interdizione dai pubblici uffici consegue l’ineleggibilità del condannato per la stessa durata della pena detentiva. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini dell’interdizione dai pubblici uffici.

La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica ricoperta (articolo 68 del citato decreto legislativo 267/2000), salvo che l’interessato non le rimuova con le modalità previste nello stesso decreto.

L’articolo 60, del decreto legislativo 267/2000, definisce i tempi e le modalità, per ciascuna delle cause di ineleggibilità, in cui le stesse devono essere rimosse per consentire l’eleggibilità dell’interessato.

Non sono eleggibili alla carica di sindaco, consigliere comunale e circoscrizionale:
1) il Capo ed i vice capi della Polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell’interno e i dipendenti del Ministero che svolgono le funzioni (o equiparate o superiori) di direttore generale (articolo 60, comma 1, numero 1), del decreto legislativo 267/2000);

2) nel territorio nel quale esercitano le funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza (articolo 60, comma 1, numero 2), del decreto legislativo 267/2000);

3) nel territorio nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate [articolo 1487 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che ha riprodotto l’articolo 60, comma 1, numero 3), del decreto legislativo 267/2000]. La posizione di “comando” deve essere intesa nella accezione di preposizione ad una unità, a carattere operativo, tattico o amministrativo, delle Forze armate;

4) nel territorio nel quale esercitano l’ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci (articolo 60, comma 1, numero 4), del decreto legislativo 267/2000);

5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull’amministrazione del comune o della provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici (articolo 60, comma 1, numero 5), del decreto legislativo 267/2000). Tra gli organi di controllo sono annoverati i revisori dei conti dell’ente locale. Non versano, invece, in una situazione di ineleggibilità i componenti la Commissione elettorale circondariale (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 15 aprile 2005, n. 7925);

6) nel territorio nel quale esercitano le funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali ed i giudici di pace (articolo 60, comma 1, numero 6), del decreto legislativo 267/2000); tale formulazione tiene conto della soppressione delle figure del “vice pretore onorario” e del “giudice conciliatore” (previste dall’abrogato articolo 2, primo comma, numero 6), della legge 23 aprile 1981, n. 154) e della istituzione della figura del giudice di pace. Perché sussista la causa di ineleggibilità dei magistrati, è necessario che l’interessato svolga effettivamente e attualmente le funzioni giudiziarie (Consiglio di Stato – V Sezione, 6 giugno 1996, n. 687);

7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli (articolo 60, comma 1, numero 7), del decreto legislativo 267/2000). Tale norma si applica a tutti coloro che sono legati all’ente da un rapporto di subordinazione, con la sola eccezione delle prestazioni di lavoro autonomo, indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro, pubblico o privato (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 15 settembre 1995, n. 9762).
Non sussiste una situazione di ineleggibilità per il lavoratore interinale che presta la propria attività presso l’ente di cui è amministratore (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 11 marzo 2005, n. 5449);

8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere (articolo 60, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 267/2000);

9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate (articolo 60, comma 1, numero 9), del decreto legislativo 267/2000). Le strutture convenzionate sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (articolo 60, comma 4, del decreto legislativo 267/2000);

10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50 per cento del comune (articolo 60, comma 1, numero 10), del decreto legislativo 267/2000).

Tale causa sussiste anche nel caso di società per azioni aventi scopo consortile (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 5 settembre 1997, n. 8606). La norma deve essere interpretata nel senso che si trovano in situazione di ineleggibilità tutti coloro che rivestono nella società partecipata cariche che comportano l’esercizio di poteri di organizzazione e di gestione (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 27 ottobre 1993, n. 10701).

La causa di ineleggibilità non sussiste se il consigliere ha assunto la titolarità della carica societaria in base a una norma di legge ovvero di statuto o di regolamento dell’ente territoriale, ma sussiste se ha assunto tale carica in base a una norma dello statuto della società (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 4 maggio 1993, n. 5179);

11) gli amministratori ed i dipendenti con poteri di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente dal comune  (articolo 60, comma 1, numero 11), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

Sull’interpretazione del termine enti “dipendenti” è stato ritenuto che sussista tale situazione quando un ente pubblico è sottoposto ad un potere d’ingerenza da parte di un altro (Corte di cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 18 gennaio 1994, n. 391); ancora, che vadano annoverati tra di essi anche gli enti che, pur dotati di autonomia amministrativa, patrimoniale e contabile rispetto all’ente sovraordinato, siano finalizzati allo svolgimento di compiti istituzionali di quest’ultimo (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 20 aprile 1993, n. 4646), mentre è stato escluso il rapporto di dipendenza quando l’ente sottordinato non è assimilabile né agli “istituti”, né alle “aziende”, né ai “consorzi” (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 27 giugno 1994, n. 6160).

Sono inoltre ineleggibili alle cariche di sindaco i ministri di culto, coloro che hanno legami parentali con il segretario comunale e con gli appaltatori di lavori o servizi (articolo 61 del decreto legislativo 267/2000).

L’articolo 62 stabilisce inoltre, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti l’accettazione della candidatura alla carica di deputato o di senatore comporta la decadenza dalla carica elettiva ricoperta.

Per quanto riguarda gli assessori esterni, sia nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sia in quelli, se previsti dallo statuto, con popolazione inferiore, l’articolo 47, commi 3 e 4, del citato decreto legislativo 267/2000, stabilisce che gli stessi devono possedere i requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità previsti per i consiglieri comunali.
Con l’eccezione di quelle riferite ai vertici delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere, l’interessato deve cessare dalle funzioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature (articolo 60, comma 3, del citato decreto legislativo 267/2000); per cessazione dalle funzioni s’intende l’effettiva astensione da ogni atto inerente l’ufficio ricoperto (articolo 60, comma 6).

La cessazione delle funzioni può avvenire per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa. In tali casi la pubblica amministrazione è tenuta a prendere i provvedimenti di propria competenza entro cinque giorni dalla richiesta dell’interessato (articolo 60, comma 5). L’aspettativa è concessa anche in deroga agli ordinamenti di appartenenza per tutta la durata del mandato (articolo 60, comma 7), ma non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato (articolo 60, comma 8).

Nel caso dei ministri di culto è idonea la dispensa vescovile da ogni servizio ministeriale (Corte di Cassazione – Sezioni civili: I Sezione, 14 aprile 1997, n. 3193).
Per quanto riguarda l’ineleggibilità del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle Aziende sanitarie e ospedaliere, l’interessato deve cessare dalle funzioni almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dell’organo elettivo in rinnovo; in ogni caso, il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura (articolo 60, comma 2, del citato decreto legislativo 267/2000). Per cessazione dalle funzioni s’intende l’effettiva astensione da ogni atto inerente l’ufficio ricoperto (articolo 60, comma 6).