Aiuti umanitari nei rifiuti di un’isola di prossimità

Aiuti umanitari gettati come rifiuti inutili, una vergogna in un’isola di prossimità

Signori, favorite? Un bel piatto di pasta non si nega a nessuno. Nell’isola di prossimità n° 12 S.S. CASSIA NORD Km. 89+700, si può magari gustare al dente, seduti su una lattina di olio oppure su un montino di sacchi di rifiuti, all’ombra di frasche, rovi e piante varie. I pacchi si possono ritirare direttamente dal terrapieno. Intere derrate alimentari. Basta non essere schizzinosi.

Da bere, però, non c’è nulla. Come da fotografie, bottiglie di acqua e birra sono già state consumate e riposte ordinatamente in sacchetti disordinatamente gettati per strada. Paradossi degli sporcaccioni, che a volte son pure metodici. Che vi credete?   

Cosa dite? C’è un marchio impresso sui contenitori della pasta? Ah, sì. E’ quello, facilmente leggibile, di “Prodotto Ue non commerciabile”. Merce che arriva grazie al Fondo europeo per gli aiuti a chi non ha un tetto. Alimenti destinati ai poveri, che però hanno fatto oggi davvero una misera fine: accatastati sotto un montino di sacchi accanto ai cassonetti dei rifiuti.

L’aspetto grottesco è che, guardando le date di scadenza, sono ancora perfettamente consumabili. Una vera vergogna a cielo aperto. Sostano lì da giorni, fra l’indifferenza dei più, semmai qualche sguardo incuriosito. Ecco nella società del consumismo sfrenato che fine rischiano di fare persino gli aiuti umanitari. Abbandonati da chissà chi in mezzo a una via, a rimpolpare quella che sta diventando una discarica perenne già segnalata più e più volte da Viterbo Civica.

Ma intanto, nell’assenza pressocché totale di qualcosa che somigli a una forma di controllo, e nonostante le ripetute segnalazioni, ecco che adesso si arriva ad abbandonare persino quegli alimenti che, almeno in linea teorica, sarebbero destinati ai bisognosi. Forse, non solo non guasterebbe anche qui, come in tanti altri punti della città, qualche telecamera per snidare gli autori. In questo caso specifico, vista la tipologia di “rifiuto”, sarebbe magari anche opportuno qualche piccolo approfondimento.

Questo non rispetto di ciò che un tempo veniva detto “ben di Dio”, è una vera e propria cattiveria, una crudeltà, verso tanti veri poveri affamati, per chi lotta contro gli stenti e la fame, verso chi ha davvero la pancia vuota e non la pancia piena di chi piange per sfottere a chi ride e passa sulle avversità. Nella realtà i veri poveri sono i lavoratori e chi si affanna per dare dignità ed esempio alla propria famiglia, ai bambini, ai più piccoli. Sono poveri perché credono di poter cambiare un mondo sempre più fatto di traffichini e furbastri che campano sulle spalle altrui, estorcono sostegno, beffandosi di quanti in buona fede gli porgono una mano, facendone per giunta motivo di scherno e derisone. Che cosa ha insegnato quel padre e quella madre, quella persona che ha lanciato cestinando chili di un bene primario come la pasta?  Cosa ci aspettiamo ancora da una società che insegue tali modelli?