Privilege Yard – Alcuni creditori chiedono (è la seconda volta) di rimuovere dall’incarico la curatrice fallimentare Daniela De Rosa: “Inadeguata e troppo distratta”

Questa mattina i legali della società VPM sono tornati alla carica. Ha commesso, secondo loro, una serie di errori madornali e nonostante i solleciti ricevuti sembra non leggere le carte. Dalla Barclays Bank al Cardinale Bertone due vicende che possono mettere in difficoltà, suo malgrado, l’eccellente figura del giudice delegato Giuseppe Bianchi

CIVITAVECCHIA – La curatrice fallimentare, avvocato Daniela De Rosa, continua imperterrita per la sua strada pensando di essere come nei fumetti dei supereroi “invincibile”. Peccato però che il fronte delle critiche e di chi la vorrebbe vedere fuori da una partita giocata malissimo sono sempre di più.

Proprio questa mattina i legali della VPM Vessel Project Management e la GIEL – Gestioni Immobiliari e Lavori hanno presentato al giudice delegato Giuseppe Bianchi del Tribunale Civile di Civitavecchia, un reclamo ex art. 36 sulle leggi fallimentari (leggi) per chiedere la rimozione della curatrice del fallimento, avvocato Daniela De Rosa, per condotta (come ritengono i legali dei creditori) omissiva.

Gli avvocati sostengono che in data 21 marzo 2017 avevano chiesto spiegazioni del perché non risultasse alcuna iniziativa, neanche stragiudiziale, nei confronti della Barclays Bank nonostante avessero prodotto due lettere ufficiali dell’istituto londinese dove si dimostrava come si fosse obbligato, nei confronti di Privilege Yard, a fornire un impegno aggiuntivo di 80 milioni di euro a quello già concesso di 100 milioni.

Ecco in esclusiva i due documenti che, grazie al 415 Bis consegnato agli indagati a fine agosto, è ora nella disponibilità delle difese e dei creditori che hanno fatto le copie.

Scarica documento del 10 ottobre 2013

lettera barclays del 10 ottobre 2013

Scarica documento del 22 ottobre 2013

lettera barclays del 22 ottobre 2013

In risposta a tale richiesta, la curatrice De Rosa autorizzata dal comitato dei creditori (composto da soli tre creditori su decine che sono) ha chiesto un parere all’avvocato Antonio Longo (forse pagato con i proventi del fotovoltaico? ndr) che dichiarava insussistenti tali richieste.

Ecco in esclusiva la relazione (18 paginette) dell’avvocato Antonio Longo che ha impiegato per redigerla la bellezza di 6 mesi. Quanto è costata?

Lettera parere avvocato Longo

Per rafforzare questo prestigioso diniego otteneva con voto unanime (tre voti) dal Comitato dei creditori un “non luogo a procedere” (tutta da ridere ovviamente) ma la cosa più grave è che tali risposte sono arrivate con colpevolissimo ritardo il 18 settembre scorso.

Fermo restando che sia la curatrice fallimentare che l’avvocato Longo dovranno inevitabilmente assumersi le responsabilità di quanto scritto è evidente che sta emergendo un aspetto assai sgradevole della vicenda. Quasi che l’avvocato De Rosa non rappresenti più quel grado di terzietà che dovrebbe essere la garanzia di tutti gli attori di questa vicenda e cioè fare le cose nel rispetto delle regole con pari dignità per tutti, nessuno escluso.

Se La Via e gli altri hanno sbagliato lo stabilirà, con una sentenza, il Tribunale di Civitavecchia in sede penale con i pubblici ministeri Allegra Migliorini e Mirko Piloni che è vero hanno ereditato un lavoro fatto da un altro sostituto ora trasferito (dottor Lorenzo Del Giudice, ndr) ma che non prenderanno per oro colato, e fanno bene, tutto ciò che è stato riportato in quelle carte.

E’ quindi evidente che ci sia dell’altro, quasi dei rancori personali verrebbe da pensare, tra la curatrice De Rosa e il patron di Privilege La Via; altrimenti non si spiegherebbe come mai la stessa Procura della Repubblica, non abbia contestato reati penali molto più rilevanti come l’associazione, la corruzione agli indagati o a parte di essi e il perché non siano stati inseriti in questo elenco composto da 14 persone, altri personaggi tra i quali il più famoso, almeno sulla carta, cardinal Tarcisio Bertone.

Su quest’ultimo capitolo ci sarà da scrive tantissimo. Già perché sono emerse molte cose interessanti e tutte ritenute penalmente irrilevanti dalla Procura di Civitavecchia anche se la stessa curatrice ne aveva fatto quasi un cavallo di battaglia allegando a più riprese, fatture e corrispondenze varie tra l’alto prelato e Mario La Via.

Tutta la grande inchiesta giudiziaria viene “vestita” intorno al lavoro della curatrice che nel leggere quella imponente mole di carte ha elaborato una sua teoria, sulla quale si fonda tutto; cioè le alchimie finanziare messe in atto da Mario La Via per incamerare i soldi delle banche e via discorrendo.

Questo grande castello accusatorio si incentra sostanzialmente in sette grandi dubbi amletici che si sono trasformati in sette fatiche, come quelle di Ercole, per dimostrare la tesi accusatoria.

Questi sono sostanzialmente i sette punti del teorema:

  1. Il capitale sociale (80 milioni di euro) non è mai esistito perché magicamente dissolto nel momento stesso del suo versamento perché utilizzato per pagare, in modo eccessivo, i progetti dello scafo P430;

  2. Non esiste il compratore della barca perché essendo sconosciuto il suo nome potrebbe essersi trattato di uno stratagemma e quindi di un contratto fittizio;

  3. Il cantiere è quasi inesistente;

  4. Anche lo scafo è quasi inesistente;

  5. L’acconto di 20 milioni versati dall’anonimo cliente è un’invenzione di Mario La Via;

  6. L’impegno della Barclays è un’invenzione di La Via (altrimenti avrebbe fatto azione di responsabilità);

  7. Mario La Via e soci si sono goduti grandissima parte dei soldi ottenuti dalle banche.

Adesso pubblichiamo, come antipasto la lettera di “Good Standing” rilasciata dai dirigenti della Barclays Wealth and Trust datata 11 settembre 2014 e magari la curatrice ci farà sapere se si sia accertata sull’autenticità della stessa o anche questa si tratta di un’invenzione giornalistica.

letter of good standing 11 settembre 2014

Sono poche e semplici le domande che d’ora in avanti di faremo all’avvocato Daniela De Rosa e alle quali cercheremo di trovare, di volta in volta, delle risposte.

Certo è che quanto sta emergendo potrebbe mettere a rischio il rapporto tra il giudice delegato Giuseppe Bianchi e la curatrice del fallimento Daniela De Rosa perché il primo si doveva fidare e si è fidato del lavoro del secondo ma ci fa pensare: avrà fatto bene?

Una cosa è certa, d’ora in avanti il giudice Bianchi dovrà leggere con più attenzione tutto ciò che gli verrà sottoposto perché il suo ruolo, a differenza di quello dell’avvocato De Rosa, è molto più importate e deve rimanere specchiato come lo è stato fino ad oggi.