Furbetti del cartellino: “La Asl non trova i documenti? O forse non li vuole trovare?”

Era la fine di gennaio 2017 quando è stato sbandierato ai quattro venti l’immane truffa, che fu dichiarato fosse di circa 1.300.000,00 euro, nei confronti della Asl di Viterbo.

Tutti si sono fatti paladini di questa storia chiedendo giustizia, l’azienda stessa, per il tramite del Direttore Generale Daniela Donetti, dichiarò che si sarebbe costituita parte civile perché, se verificato, questo atteggiamento è un danno reale a tutti gli operatori ed ai pazienti stessi.

Appunto “SE VERIFICATO” è qui che sta il problema.

 

A quel tempo (quasi un anno fa) un’inchiesta certosina dei baschi verdi consentì di esaminare oltre mille posizioni ed incrociare i documenti degli ultimi cinque anni dell’azienda sanitaria di Viterbo e della Regione Lazio per ricostruire l’ammontare di indennità percepite indebitamente dal personale medico e infermieristico in servizio presso la U.O. di Medicina Trasfusionale.

Grande polverone fu alzato in quella circostanza, si parlò di 23 indagati tra medici e infermieri.

All’interno dell’U.O Medicina Trasfusionale oltre agli infermieri e medici di ruolo vi erano in forza anche tre liberi professionisti con contratto Co.Co.Co.Pro.

I dipendenti in ruolo oltre al servizio nel reparto potevano effettuare, dietro compenso, attività ALPI di medicina trasfusionale domiciliare.

 

Forse qua è stata effettuata un po di confusione sia nella cifra della supposta truffa, che si dovrebbe aggirare intorno alle 400.000 euro, sia nelle persone che hanno consumato il reato.

 

Infatti, nell’elenco degli indagati, sbandierato ai quattro venti, sono stati citati due medici libero professionisti in forza nella citata U.O., tramite un contratto individuale di collaborazione a progetto.

In relazione ai fatti, le stesse, tramite i loro avvocati hanno di conseguenza fatto richiesta di accesso agli atti, per prendere visione e relativa estrazione in copia della delibera di consegna e regolamentazione di utilizzo del badge per liberi professionisti, dei fogli turno dei servizi mensili del personale laureato in servizio presso il SIMT, dalla firma del primo contratto di collaborazione alla data della risoluzione del contratto e di conseguenza copia dell’ultimo contratto, firmato a gennaio 2017, considerando che il rinnovo era di anno in anno.

 

Stranamente dopo circa un mese dalla richiesta, gli uffici specifici rispondono che erano in grado di fornire tutta la documentazione ad eccezione dei fogli di turno che sarebbero stati disponibili successivamente.

 

Nel mese di luglio 2017, hanno provveduto a ritirare la documentazione, ma stranamente, in quella circostanza, appresero che, non solo non erano disponibili i fogli turno, ma mancava sia la delibera per l’utilizzo del badge, che le copie dei contratti firmati dalle stesse in triplice copia, di cui una con la marca da bollo, di legge, apposta all’atto della firma davanti a due funzionari ASL. il tutto, sempre stranamente è stato denunciato smarrito dagli stessi uffici della ASL. 

 

In seguito, dopo numerosi solleciti da parte degli avvocati, gli uffici competenti della ASL rilasciano una dichiarazione nella quale si afferma la non esistenza di una delibera di utilizzo e regolamentazione del BADGE per i LIBERI PROFESSIONISTI,  quindi già in questa circostanza sorge la prima domanda:

 

Se non vi è regolamentazione dell’utilizzo dei BADGE per i LIBERI PROFESSIONISTI come le stesse potevano consumare un reato? 

 

Le dottoresse, a cui è stato risolto il rapporto, stipularono un contratto a progetto fin dal lontano dicembre 2004, per una, e nel lontano marzo 2006, per l’altra, fino al provvedimento disciplinare con rinnovo di anno in anno grazie al loro eccellente livello di prestazione fornito, ed alla soddisfazione del servizio reso agli assistiti, come anche dichiarato dal presidente dell’Ordine, Antonio Maria Lanzetti, il quale riferì che il Centro Trasfusionale era uno dei reparti che funzionava bene, non oggetto di lamentele e disservizi, il tutto è anche confermato dalle lettere di infungibilità depositate presso la ASL dai primari del reparto.

 

Tali provvedimenti disciplinari furono rivolti a tutti i 23 indagati della citata vicenda, ma con sorpresa, per chi era dipendente, quindi obbligato ad un orario stabilito con conseguente timbratura del cartellino, è stata irrorata una sanzione non espulsiva, mentre per le dottoresse lavoratici a progetto (Co.Co.CO.Pro.), che non erano tenute a timbrare la loro presenza oraria in servizio, gli è stata applicata una sanzione risolutiva del rapporto di collaborazione con la ASL, applicando la normativa del C.C.N.L. a cui non erano legati contrattualmente in quanto non dipendenti.

 

In pratica le dottoresse non erano obbligate ad osservare uno specifico orario di lavoro da far risultare nella timbratura del badge, quindi i compensi, regolarmente fatturati, non dipendevano dalle ore di servizio, bensì dal raggiungimento di un determinato risultato o progetto.

 

Per cui sulla base di quanto detto, ci si chiede come potessero i liberi professionisti metter in atto degli illeciti non essendo obbligati ad osservare uno specifico orario di lavoro?

 

Come mai gli uffici, della ASL, preposti alla conservazione di tutta la documentazione, sia dei dipendenti che dei liberi professionisti, non è stata in grado di fornire specifici documenti relativi ai rapporti con quest’ultimi?

 

Come mai, da parte della ASL, e stata sporta denuncia di smarrimento di importante documentazione legata al rapporto di collaborazione tra i liberi professionisti e l’azienda stessa?

 

Forse la denuncia nasce da una probabile necessità di far sparire questi contratti che prevedevano, per i liberi professionisti, la necessità di effettuare, su richiesta del reparto, la pronta disponibilità?

 

Una telefonata pervenuta presso la redazione ci potrebbe far comprendere che la ASL, in conseguenza alle indagini citate, aveva forse necessità di far correggere i contratti? 

 

Infatti sembrerebbe che da un esposto presentato alla procura dove sono state depositate diverse chat avvenute intorno ad aprile 2017 e a seguire, alcuni amministrativi contattarono i liberi professionisti invitandoli a rivedere il contratto già firmato a gennaio 2017 con la necessità di sostituirlo con altro di stessa data riutilizzando la marca del vecchio contratto, il tutto è anche ben chiaro dalla citata telefonata che riportiamo.

 

 

Ovviamente in quella circostanza il reparto andò in crisi quindi vennero diluiti i provvedimenti di sospensione e guarda caso il lavoro svolto dai medici liberi professionisti venne rimpiazzato da maggior personale.

 

Quindi si potrebbe supporre che dietro i contratti a progetto viene svolto il lavoro di due o tre dipendenti? 

 

Le domande sono tante ma lasciamo a chi di dovere dare le giuste risposte e di conseguenza sarebbe anche opportuno che il giornalismo spicciolo, prima di gettare fango sulle persone, attendesse che si facesse chiarezza.