“Suicidio” al Monte dei Paschi di Siena: misteriosamente sparito il video della caduta di David Rossi

La simulazione della caduta di David Rossi, dirigente del MPS, smentisce le indagini

SIENA – Gli sguardi sconsolati dei vigili del fuoco lasciano trasparire la sensazione d’inadeguatezza. Perché loro ci provano a fare ciò che gli è stato chiesto, ma quel che gli è stato chiesto sembra impossibile da fare: simulare la caduta nel vuoto di David Rossi, il manager del Monte dei Paschi trovato morto la sera del 6 marzo 2013 in vicolo Monte Pio, una stradina privata sotto la finestra del suo ufficio. E infatti, dopo tre ore di tentativi rinunciano a effettuare la simulazione. Dall’impossibile poi si passa all’inutile: gli fanno repertare tracce di residui lungo la parete esterna e nel perimetro in cui è stato rinvenuto il cadavere. Lo fanno a distanza di 39 mesi. Mesi di pioggia, neve, persone, auto. Le indagini, riaperte a distanza di tre anni, chiedono di individuare pure tracce di Dna.

I rilievi vengono effettuati anche all’interno dell’ufficio di Rossi, nel frattempo trasformato in sala riunioni. Trovare indizi seppur minimi è pura utopia. Eppure questi rilievi, che dovevano essere svolti subito, non sono mai stati effettuati. E le falle delle indagini iniziali, svolte dai magistrati Marini e Natalini, ieri si sono rilevate ancora più evidenti. Già dalla ricostruzione della caduta ufficializzata negli atti. Lo dice lo stesso colonnello dei Ris, Davide Zavattaro, a cui sono stati affidati i supplementi d’indagine disposte dal pm Boni pochi mesi fa riaprendo il caso. “La caduta non può essere avvenuta così come descritta negli atti”, si lascia scappare Zavattaro al termine del sopralluogo. Dopo sei ore di tentativi, per ricostruire la dinamica, gli stessi inquirenti rimettono in dubbio l’intera ricostruzione iniziale fino a spingersi a ipotizzare che il volo da Rocca Salimbeni il manager l’abbia fatto non dalla finestra del suo ufficio ma da quello del piano di sopra. E cioè dall’ufficio che all’epoca era occupato da Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps.

 

I tecnici cercheranno di calcolare la velocità di caduta del corpo studiando il video registrato dalle telecamere di sorveglianza sul vicolo: 7 frame al secondo. Ma per farlo servirebbe la bobina originale sequestrata il mattino dopo la morte in versione digitale ARV mentre quelle consegnate dai magistrati alle parti sono in AVI, un formato accelerato. Bobina che è repertata agli atti ma che sembra sparita dalla procura. E senza la registrazione originale sarà impossibile calcolare la velocità di caduta del corpo e, quindi, impossibile stabilire da quale altezza è caduto e da quale finestra.

I periti nominati dalla procura hanno tentato di certificare la versione della prima indagine che aveva archiviato il caso come suicidio scrivendo che Rossi si era gettato dalla finestra del suo ufficio di spalle. Ebbene, un vigile del fuoco ha tentato di imitare la dinamica aggrappandosi al davanzale col volto rivolto alla parete: se si fosse lasciato andare il corpo avrebbe sbattuto contro il muro e non sarebbe rovinato in mezzo alla via. Poi i dubbi, sempre più numerosi, sulle ferite riportate dal corpo: sotto le ascelle e sulle braccia di Rossi l’autopsia ha accertato ematomi. Secondo i periti di parte dei familiari erano frutto di “costrizioni” e “afferramento” da parte di terzi. Secondo i pm Marini e Natalini, invece, erano stati causati dal davanzale al quale Rossi si sarebbe aggrappato prima di lanciarsi nel vuoto. Il vigile del fuoco ieri ha accertato che nulla poteva lesionare gli arti al manager. Luca Goracci, avvocato della vedova Rossi, ha assistito all’intera giornata di operazioni insieme anche ai periti di parte tra cui l’ingegnere Luca Scarselli. “Soddisfatti? Abbiamo avuto conferma alle nostre ipotesi”. Scarselli, invece, è preoccupato: “Il video è fondamentale e non si trova”.

Nessuno tra amici e parenti di Rossi lo conferma ufficialmente, ma a voler arrivare alla verità sulla scomparsa di David sono in molti. Come Giuseppe Mussari che si informa con frequenza sulla scomparsa dell’amico e fidato collaboratore.

 

Davide Vecchi per “Il Fatto Quotidiano”