Cronaca semiseria di un consiglio comunale

Il consiglio comunale, cronaca semiseria.

Provo a mettere per iscritto le mie sensazioni, a raccontarle a chi non ha mai avuto la fortuna, o la sfortuna o l’ardire o l’incoscienza, di assistere a un consiglio comunale.
Che poi è come il detto “vedi Napoli e poi muori”, almeno una volta bisognerebbe proprio assistere.

La prima cosa che salta agli occhi è che nella stupenda sala dedicata ai consigli, il posto per il pubblico è molto limitato e con pochissimi posti a sedere.
Quasi a dire: vi facciamo stare scomodi perché non siete affatto graditi, che venite a fare in consiglio? Statevene a casa invece di venire a vedere le nostre miserie.

Comunque, primo appello a vuoto, come sempre.
È un po’ come le riunioni di condominio dove la prima convocazione è alle 23,30 di Domenica sera e la seconda alle 19,00 del giorno dopo.
Cioè, se sai o se vuoi che al primo appello non si presenti nessuno, fissa direttamente l’appuntamento al secondo.
No, così almeno quei quattro incoscienti tra il pubblico si stancano di aspettare e si tolgono dai piedi.

Secondo appello, opposizione seduta e maggioranza svolazzante, rispondono da dietro le porte, gridano presente da un’altra stanza, corrono ai banchi un quarto d’ora dopo essere stati chiamati.
Caos organizzato.

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Mi posiziono dando le spalle a una delle finestre che affacciano sulla piazza e vedo davanti a me il lungo banco in cui siedono il sindaco, il presidente del consiglio, il segretario, gli assessori.
Poi, non autorizzati, anche i consiglieri trottole, quelli che non stanno mai seduti, che girano da un banco all’altro, da una stanza all’altra. Che quasi ti verrebbe voglia di inchiodarli alle loro sedie.

Volgo lo sguardo a destra verso i banchi della maggioranza, poi lo volgo a sinistra verso quelli della minoranza, poi ancora verso quelli della maggioranza e ancora verso la minoranza.
Lo sapete che non c’è poi così tanto differenza?
A occhio e croce sembrano essere numericamente uguali, devi proprio contarli uno per uno per capire la differenza.

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Iniziano i lavori.
Primo punto all’ordine del giorno, bocche spalancate, facce stralunate, occhi sgranati. Nessuno conosce l’argomento, urge una sospensione per informarsi.
Studiare a casa no?

Venti minuti, che poi diventano cinquanta, e si ricomincia.
Cerchi con gli occhi Frontini, è sempre al solito posto, cerchi Buzzi, sempre lì, cerchi Ubertini, anche lui solita sedia.

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Dalla parte opposta il caos, ricomincia immediatamente il giro delle sette sedie, un esodo di massa, una serie di traslochi di natiche inutili su poltrone inutili, forse un voler confondere le idee al pubblico per sembrare molti di più di quanti si è in realtà.

O forse con le loro terga vogliono solo marcare il territorio, un po’ come fa il mio cane pisciando su tutti gli alberi che incontra.

La narrazione può finire quì, mi risparmio il lato miserevole e meschino, preferisco guardare quello comico.
È comunque uno spettacolo cui assistere una volta nella vita, si capirebbero tante cose della nostra piccola politica.

Vedi Napoli e poi muori, vedi un consiglio e ti suicidi

giancarlo paglia firma