Bettino Craxi: Colpevole o innocente? Statista o brigante?

Era il 19 gennaio del 2000, e cioè 17 anni fa, moriva Bettino Craxi. Aveva 65 anni, un tumore al rene curato male, un cuore malandato, curato malissimo.

Non fu fatto molto per salvarlo. Non fu fatto niente, dall’Italia.

Craxi ha sempre respinto l’accusa di corruzione personale. Non c’erano prove. E non furono mai trovati i proventi. In genere quando uno prende gigantesche tangenti e le mette in tasca, poi da qualche parte questi soldi saltano fuori. In banca, in acquisti, in grandi ville, motoscafi. Non furono mai trovati. I figli non li hanno mai visti. La moglie neppure. Lui non li ha mai utilizzati. Non ha lasciato proprietà, eredità, tesori. Craxi era un malfattore, o è stato invece uno statista importante sconfitto da una gigantesca operazione giudiziaria?

Morì solo solo. Solo: abbandonato da tutti. Stefania, sua figlia, racconta di quando la mamma la chiamò al telefono, nell’autunno del ‘ 99, e le disse che Bettino era stato ricoverato a Tunisi, un attacco di cuore. Lei era a Milano, si precipitò e poi cercò di muovere mari e monti per fare curare il padre. Non si mossero i monti e il mare restò immobile. Craxi fu curato all’ospedale militare di Tunisi. Stefania riuscì ad avere gli esami clinici e li spedì a Milano, al San Raffaele, lì aveva degli amici. Le risposero che c’era un tumore al rene e che andava operato subito, se no poteva diffondersi. Invece passarono ancora due mesi, perché a Tunisi nessuno se la sentiva di operarlo. Arrivò un chirurgo da Milano, operò Craxi in una sala operatoria dove due infermieri tenevano in braccio la lampada per fare luce. Portò via il rene, ma era tardi. Il tumore si era propagato, doveva essere operato prima, si poteva salvare, ma non ci fu verso.

Un uomo lasciato solo che in quei giorni drammatici era caduto in profonda depressione, parlava poco, non aveva forse voglia di curarsi. Era disperato: indignato, disgustato e disperato.

Stefania provò a chiedere se si potesse intervenire sui francesi in quanto i francesi sono sempre stati generosi con la concessione dell’asilo politico.

Ma Jospin, che era il presidente francese, rilasciò una dichiarazione alle agenzie: «Bettino Craxi non è benvenuto in Francia».

Quella, più o meno, fu l’ultima parola della politica su Craxi.

Fu la parola decisiva dell’establishment italiano e internazionale. Craxi deve morire.

Lui amava in modo viscerale la politica. La politica e la sua autonomia. Attenzione a questa parola di origine greca: autonomia. Perché è una delle protagoniste assolute nella vita di questo statista.

Autonomia parola di origine greca composta da auto e nomos ovvero legge propria, cioè la posizione giuridica di uno stato che si governa di fronte agli altri con leggi proprie, o anche di enti o persone, nella cui sfera di attività non vi sia ingerenza da parte di altri.

Craxi si occupò di due cose. La prima era guidare la modernizzazione dell’Italia, pensò a riforme politiche e sociali che permettessero di stabilizzare il paese e di interrompere l’inflazione.

La seconda, che era strettamente legata alla prima, la necessità di salvare e di dare un ruolo alla sinistra in anni nei quali il liberismo stava dilagando, tentando di fondare un liberismo di sinistra.  Craxi cercò di trovare uno spazio per la sinistra, senza opporsi al liberismo.

Lui si misurò con questa impresa mostrando la statura dello statista, e non cercando qualche voto, un po’ di consenso, o fortuna personale, in pratica voleva un’autonomia della politica.

Solo in una società dove esiste l’autonomia della politica è possibile che vivano ed operano gli statisti. Se l’autonomia non esiste, allora i leader politici sono solo funzionari di altri poteri. Dell’economia, della magistratura, della grande finanza, delle multinazionali…

Oggi in Italia l’autonomia della politica è morta e sepolta da tempo. L’ha sepolta proprio l’inchiesta di Mani Pulite. C’erano, negli anni Settanta, tre leader, più di tutti gli altri, che avevano chiarissimo il valore dell’autonomia. Uno era Moro, l’altro era Berlinguer e il terzo, il più giovane, era Craxi.

Ma molte realtà diverse ( economia, editoria, magistratura) in modo distinto e indipendente, però in alleanza tra loro, pensarono che Tangentopoli fosse la grande occasione per liquidare definitivamente l’autonomia della politica e per avviare una gigantesca ripartizione del potere di stato. Per questo presero Craxi a simbolo da demolire.

Ora restano due domande. La prima è questa: quanto è stata mutilata la nostra democrazia da questi avvenimenti che hanno segnato tutto l’ultimo quarto di secolo? E questa mutilazione è servita ad aumentare il tasso di moralità nella vita pubblica, oppure non è servita a niente ed è stata, dunque, solo una grandiosa e riuscita operazione di potere?

Sicuramente è stata una grandiosa e riuscita operazione di potere come sta avvenendo oggi, dove i colpi di stato si susseguono uno dopo l’altro, dove i poteri dell’economia, dell’editoria e della magistratura hanno la meglio, dato che Paolo Gentiloni, dopo Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, è il quarto premier di seguito a non essere stato eletto dal popolo, e come tale privo di legittimazione democratica.

A distanza di 17 anni da quel triste evento, nella storia della politica italiana, siamo governati da degli incompetenti che non sono in grado di intervenire su una calamità che sta distruggendo il centro italia, dove si muore per inefficienza di un sistema oppresso da una stupida burocrazia, dove il Capo dello Stato è in visita ad Atene per solidarietà verso i migranti quando nel suo paese il popolo dei terremotati è sotto la neve con la terra che trema ancora, dove il Presidente del Consiglio è a Berlino per incontrare Angela Merkel, che sta mandando l’Europa alla deriva, quando nel suo paese il popolo dei terremotati è abbandonato al suo destino.

Questo è il nostro paese, questa è la nostra classe politica, che diventa anche macabra vignetta di un noto giornale satirico francese.

Credo proprio che dobbiamo qualcosa a Bettino Craxi, e penso proprio che se ci vede si rivolta dalla tomba, come tanti altri statisti italiani del passato, nel vedere il suo popolo abbandonato, ignorato e dimenticato dalle istituzioni che non mantengono le  promesse ma si preoccupano di salvare le banche.

Oggi Bettino Craxi riposa nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet, in una tomba scavata nella sabbia e dominata da un eloquente epitaffio: «La mia libertà equivale alla mia vita».

Purtroppo oggi la stampa, non libera, guidata dal potere, non si degna neanche di dedicargli un trafiletto.