Consorzio Stazione Flaminio: “Ci paghi Regione Lazio o sarà la fine”

ROMA – Se la Regione Lazio non subentrerà all’Atac nei pagamenti, il cantiere della nuova stazione Flaminio della ferrovia regionale Roma-Viterbo “potrebbe fare una brutta fine”. A lanciare l’allarme in una conferenza stampa Angelo Donati, amministratore unico di Donati Spa, una delle tre ditte coinvolte nei lavori assieme a Sicrea Spa e Italia Opere Spa.

“Brutta fine” vuol dire chiudere i battenti del consorzio Ferrovit, perché da novembre scorso tutto è fermo a causa dei mancati pagamenti di lavori già eseguiti per 5,4 milioni di euro. Una soluzione c’è, spiega il legale dell’Ati, Salvatore Napolitano: “La Regione deve muoversi e revocare la delega dei pagamenti che dieci anni fa ha dato all’Atac. Deve subentrare e pagare lei senza far passare i soldi nelle casse dell’azienda romana”.

All’inizio, racconta l’avvocato Napolitano, “abbiamo avuto incontri con la Regione su un problema che apparentemente sembrava banale.

Non capivamo perché i soldi passassero per l’Atac. Lo abbiamo capito molto tempo dopo: delle due convenzioni siglate nel 2005 e nel 2007, la seconda delegava l’azienda romana a effettuare i pagamenti. Noi – ribadisce – abbiamo chiesto di revocarla. C’è il rischio di un doppio danno erariale, perché le somme che dovrebbero essere destinate a noi andranno ai dirigenti che hanno ridotto l’Atac a quello che è. E poi c’è il danno per l’interruzione dell’opera pubblica con tutto quello che ne consegue”, continua l’avvocato.

La vicenda dei pagamenti a raccontarla è molto semplice: in virtù delle due convenzioni con l’Atac siglate appunto oltre dieci anni fa, la Regione Lazio, che è l’appaltatrice dell’opera, avrebbe versato nelle casse dell’azienda dei trasporti romana i soldi da pagare al consorzio.

L’Atac, in qualità di ‘tesoriere’, li avrebbe quindi girati alle ditte vincitrici del bando europeo per la costruzione della nuova stazione nel cuore della capitale. Questi passaggi, spiegano i responsabili delle tre società coinvolte, avevano creato già un imbuto nei tempi dei pagamenti.

“Ci volevano circa 300 giorni per riceverli. La Regione ci metteva sei mesi per dare i soldi all’Atac, l’Atac ci metteva sei mesi per pagare il consorzio.

Da novembre 2017 questi pagamenti non sono più arrivati”, dice Luca Bosi, presidente di Sicrea. Il punto è proprio sul passaggio delle somme all’Atac, perché la paura dei titolari del consorzio è che rischierebbero di finire nel concordato preventivo e quindi, di fatto, non arrivare più nelle casse di Ferrovit. Si tratta solo di un’ipotesi, però, perché in realtà nessuno sa se la Regione Lazio abbia effettivamente versato i 5,4 milioni mancanti all’Atac oppure no.

“Nessuno ci risponde sulla questione. Sono due anni che chiediamo il subentro nei pagamenti – aggiunge Gerardo Brindisi, il responsabile della commessa e capo area centro sud di Sicrea – perché sostituendo l’Atac ci agevolerebbe. Certo, si dovrebbe far carico non solo dei pagamenti futuri, ma anche dei pregressi e quindi dei 5,4 milioni che mancano.

Abbiamo scritto a suo tempo che avremmo sospeso i lavori, effettuando solo quelli a carattere archeologico per prendere tempo in attesa di una risposta. Ma non è mai arrivata e abbiamo deciso di bloccare definitivamente tutto. Potremmo essere di fronte a un’opera simbolo, di interesse culturale, che potrebbe rimanere incompiuta”, dice con rammarico Brindisi. E gli fa eco Bosi: “Noi vogliamo continuare i lavori e portarli a termine. E chiediamo una risposta per una questione di educazione e di rispetto, fosse anche negativa. Ma la chiediamo”.

Se il consorzio chiudesse, sarebbe una situazione catastrofica: rimarrebbero definitivamente a casa 60 operai, che già oggi non percepiscono lo stipendio proprio perché da circa nove mesi non si recano sul posto di lavoro. Inoltre, una delle aree più verdi di Roma, all’imbocco di Villa Borghese e a 100 metri da piazza del Popolo, rimarrebbe segnata da un cantiere che è già sceso sotto terra per diversi metri. Poi, non da meno, ci sarà un danno erariale non indifferente, che peserà sui tutti i cittadini, perché ai mancati pagamenti si aggiungeranno le spese per gli interessi da pagare per i ritardi e per le eventuali azioni legali che verranno intentate.

“Quello dei 60 lavoratori che abbiamo licenziato e delle loro famiglie è una questione seria. Se chiudesse il consorzio, non lavorerebbero e perderebbero la speranza. Noi siamo realtà sane – dice Donati – anche se il settore delle costruzioni è in condizioni difficili. Ma dobbiamo pagare i fornitori che ci chiedono i soldi e inoltre, proprio perché non è più possibile credere nell’Atac, la banca che ci ha concesso il fido per i lavori, adesso rivuole indietro i soldi tutti assieme attraverso un decreto ingiuntivo.

Insomma, c’è il rischio del fallimento della società consortile con tutto ciò che ne consegue. La Regione Lazio – conclude – deve muoversi e intervenire immediatamente, non solo la città ha bisogno di quest’opera, ma anche tutta la linea fino a Viterbo”, sulla quale ci sono appalti, a questo punto a rischio, per 150 milioni di euro.