Sono i silenziosi che mandano avanti il mondo

Abituati a turbinii di parole che ci avvolgono, tra proclami autoreferenziali e dichiarazioni contrastanti, troppo spesso ci sfugge la concretezza e l’importanza di chi le cose le fa e non le dice soltanto.
E menomale che queste persone esistono e non sono, chiedendo venia per l’espressione, perle rare.

Sabato mattina, una di queste perle, mentre stava rientrando alla sua postazione di Vetralla assieme all’autista e ad un soccorritore, ha ricevuto una chiamata per un fatto piuttosto grave, che rischiava di compromettere seriamente la vita di una persona.

 

E’ stata necessaria tutta la competenza e la freddezza che questi casi richiedono, per evitare che accadesse il peggio.

 

Abbiamo sentito G.C. (dipendente della ditta Heartlife, che opera su appalto dell’azienda sanitaria locale), il sanitario che ha operato il soccorso ed abbiamo raccolto la sua testimonianza.
“ I miei colleghi ed io, abbiamo trovato una situazione molto seria: il paziente non era cosciente. La compagna, che ha prestato il primo soccorso, lo stava accompagnando in ospedale quando, resasi conto della gravità, si è fermata ed ha chiamato il 118.

 

La situazione era decisamente drammatica: L.M., ha iniziato a riprendersi in ambulanza, ed è stato uno dei più gravi casi che sono riuscita a salvare nei miei dodici anni di carriera”.
Inutile dire quale sia il livello di riconoscenza del paziente nei confronti di questo angelo, che ha dichiarato di “fare sempre un passo indietro di fronte all’intervento del medico”.

 

Purtroppo questo caso non è stato e non sarà l’ultimo, non vogliamo quindi porre l’attenzione su un evento angoscioso e irreversibile come può essere lo shock anafilattico di cui stiamo raccontando, ma vogliamo chiarire la situazione di difficoltà e di precarietà in cui si trovano a dover operare i dipendenti sanitari ASL e coloro che prestano il loro servizio per ditte a supporto della stessa ASL.

 

Troppo frequentemente, si parla di interminabili attese in pronto soccorso, di medici ed infermieri che danno risposte a volte approssimate e poco cortesi. Ci indigniamo, ragionando sulla sacrosanta tutela dei diritti del malato, ma probabilmente lo facciamo senza valutare quale sia la reale situazione.

 

Le assunzioni di nuovi operatori sono bloccate da anni, i concorsi sono validi soltanto per gli interni, ossia per coloro che vogliono transitare da un reparto all’altro. Sembra quindi, almeno al momento, che la situazione non possa migliorare.

 

Tanto per chiarire, secondo fonti dell’Ospedale di Belcolle, “gli accessi giornalieri oscillano dai 150 ai 180 in relazione al periodo, sono in numero maggiore durante la stagione invernale a causa delle sindromi influenzali che negli anziani, per via della loro ineluttabile fragilità, si trasformano in polmoniti. Per quanto riguarda il personale, gli infermieri, che al triage sono due, devono ricevere i pazienti ed assegnare loro il codice di priorità per l’accesso in sala, organizzare le visite e dare informazioni ai parenti. Questo lavoro viene svolto in assenza di una tutela da parte di figure di pubblica sicurezza. Gli operatori sono quindi soggetti a continue aggressioni verbali e fisiche: non per nulla, questa, viene considerata una zona piuttosto pericolosa”.

 

E proprio sabato, è accaduto uno dei tanti fatti incresciosi a cui il personale sanitario è costretto a far fronte: minacce verbali, rientrate non appena il congiunto dell’aggressore si è ristabilito.
“Nella struttura di Primo Soccorso di Viterbo” continua il dipendente da noi sentito “ abbiamo una sala per i codici rossi, una sala destinata ai codici gialli, ed una per i verdi. C’è poi un addetto all’assistenza e alle relazioni con i parenti dei pazienti in attesa di ricovero, presente dodici ore ( 8:00-20:00 ) dal lunedì al sabato. Due sono i sanitari in medicina d’urgenza. All’interno del pronto soccorso c’è un reparto che dispone di 15 posti letto. Tre medici sono prestano servizio negli ambienti: uno per ogni sala, per dodici ore dal lunedì alla domenica. Un altro medico è presente sempre per dodici ore in medicina d’urgenza”.

 

Dati che fanno pensare ad un numero di occupati decisamente insufficiente alla richiesta.

 

Va anche sottolineato l’ampio bacino di utenza servito dall’ospedale del capoluogo, che dopo l’adeguamento firmato dalla ex Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, deve sopperire alle diverse strutture site nei piccoli centri della provincia di Viterbo che sono state chiuse.

 

Medici, infermieri e ausiliari, mettono comunque a disposizione la propria professionalità senza risparmiarsi, con turni a volte massacranti, senza mai tirarsi indietro.

 

Ma troppo spesso il loro impegno viene perso di vista, arrivando a critiche feroci, a racconti di ore e ore di attesa.

 

Forse la situazione potrebbe essere arginata da un uso consapevole del sistema, forse sarebbe il caso di “non recarsi in pronto soccorso per un semplice mal di testa, per una lombosciatalgia e, magari, pretendere controlli e analisi gratuite e pronte in breve tempo” sempre secondo ciò che viene dichiarato dal soccorritore intervistato.

 

Occorre agire armati di buon senso e coscienza civile, affinché la pesante situazione in cui versano le strutture e, malauguratamente, anche chi svolge la propria professione all’interno di esse, possa essere riequilibrata.”

 

Daniela Proietti