LA MONOCULTURA E LA FERRERO

Prima della colonizzazione francese in Africa chi viveva nella zona oggi conosciuta come fascia del Sahel (Senegal, Mauritania, Mali, Alto Volta, Niger e Chad ) aveva un’ aspettativa di vita lunga e dignitosa, c’era cibo e acqua per tutti. Poi i francesi ( sempre loro!! ) imposero agli abitanti di questa regione la coltivazione intensiva del cotone, introducendo così la monocoltura. Risultato: Oggi il Sahel è una zona arida predesertica dove non cresce più nulla. 

Non è certo il paragone appropriato con quanto la Ferrero chiede al territorio della Tuscia ( Tra Lazio nord e Toscana ) dove ha dichiarato di voler introdurre la monocoltura della nocciola per altri centinaia e centinaia di ettari. Per fortuna da noi le piogge non mancano e, quindi, non corriamo il rischio del Sahel, purtroppo, però, c’è il risvolto della medaglia, infatti è previsto l’aumento di prodotti chimici in agricoltura ( Fertilizzanti, diserbanti, pesticidi ), al punto da minacciare la qualità delle falde acquifere, dei laghi del Lazio e, non ultima, ma forse più importante, la salute dei cittadini che vivono in prossimità delle coltivazioni di nocciole.

All’estero, poi, la Ferrero è accusata dagli ambientalisti internazionale di partecipare al disboscamento del Borneo a beneficio delle coltivazioni di olio di palma.  Il recente rapporto “Borneo in Fiamme” di Greenpeace ha dimostrato che per far spazio alle coltivazioni di olio di palma, di cui la Ferrero ne fa largo uso, la multinazionale Unilever, che lo produce e lo distribuisce a mezzo mondo, è responsabile di danni ambientali gravissimi come il taglio a raso della foresta pluviale del Borneo, l’incendio e degrado delle ultime torbiere indonesiane e la cattura ed uccisione degli ultimi oranghi del Borneo e di Sumatra.

Tutto questo ci lascia perplessi, visto che una storica e importante impresa italiana come la Ferrero da una parte “coccola” i più giovani con leccornie dolci e accattivanti, e dall’altra non pensi minimamente al futuro di questi giovani che di questo passo, tra inquinamenti degli oceani, distruzione delle ultime foreste e aumento della temperatura terrestre, non hanno davanti uno scenario molto roseo. Anche se materialmente la Ferrero non effettua nessuna operazione diretta di disboscamento, però, dicono sempre gli ambientalisti internazionali,  indirettamente ne è complice perché continua ad acquistare olio di palma per i suoi prodotti dolciari.

 

Un anno fa la presidenza di Accademia Kronos scrisse ai dirigenti della Ferrero per organizzare un incontro tra produttori di nocciole e noi ambientalisti, al fine di trovare un punto d’accordo a beneficio dell’ambiente e della salute dei cittadini…..stiamo ancora aspettando la risposta. In parole povere si chiedeva di eliminare prodotti chimici lesivi all’ambiente e alla salute e optare per sistemi più ecocompatibili. Purtroppo alcuni coltivatori di nocciole da noi intervistati, propensi all’uso della agricoltura biologica, hanno risposto che i tecnici della Ferrero chiedono caratteristiche tali del frutto che difficilmente si possono ottenere con sistemi alternativi all’uso della chimica. 

 

E allora? Se vogliamo preoccuparci della salute dei cittadini, dell’integrità delle nostre acque e conservare il paesaggio incantevole della Tuscia, così come descritto nell’800 da Lord Byron, dobbiamo evitare che il disegno di convertire centinaia e centinaia di ettari di terreno sano nella monocoltura dei noccioleti si attui.

 

Non si può accettare che in nome del profitto di pochi il paesaggio e l’ambiente naturale, patrimonio di ogni essere vivente,  vengano ancora una volta penalizzati.

 

Accademia Kronos, pertanto, si affida ai sindaci, alla Regione Lazio e al Ministero dell’Ambiente per evitare quest’ultima operazione di modifica dell’ambiente.

 

A cura di Filippo Mariani