Infiltrazioni della mafia a Viterbo, carcere duro per il boss albanese Rebeshi: recluso al 41 bis di Cuneo

CUNEO – Carcere duro per Ismail Rebeshi: l’albanese trasferito al 41 bis di Cuneo: Il boss della ndrangheta viterbese arrestato a gennaio, per associazione a delinquere di stampo mafioso insieme ad altre 12 persone, ha lasciato il carcere di Tolmezzo dove si trovava da quasi sei mesi. Rebeshi è stato spostato nel penitenziario di Cuneo nella sezione del 41 bis.

Massima sorveglianza, nessuna comunicazione con gli altri reclusi, solo due ore d’aria e isolamento. Negli ultimi dieci mesi Rebeshi ha cambiato tre carceri: a novembre era rinchiuso Mammagialla per spaccio internazionale; a febbraio è stato trasferito a Tolmezzo dopo l’arresto per associazione a delinquere e, ad agosto, lo spostamento forzato al 41 bis di Cuneo. Il trasferimento di poche settimane fa ha colto di sorpresa anche il difensore di Rebeshi:

«In tanti anni che faccio questo mestiere – afferma l’avvocato Roberto Afeltra – non mi era mai capitata una cosa simile. Per cui ho già presentato ricorso al Tribunale di sorveglianza». Perché Rebeshi sia stato trasferito resta un mistero anche per il legale. «Il mio assistito – dice ancora – detenuto con misura cautelare non ha condanne per reati di mafia né pendenze. E questo dovrebbe essere rilevante, soprattutto perché quattro mesi fa il gip del Tribunale di Cagliari aveva dato l’ok per i domiciliari».

Rebeshi e Giuseppe Trovato sono considerati i due boss dell’associazione di stampo mafioso, che per oltre due anni ha messo a ferro e fuoco Viterbo. I due, con l’aiuto di altri sodali, volevano il controllo della città: Trovato quello del mercato dei compro oro, Rebeshi quello della movida e dello spaccio. L’albanese per gli inquirenti non è solamente il boss della piccola mafia viterbese stroncata dai carabinieri del nucleo investigativo: è anche considerato uno dei più importanti narcotrafficanti del Centro Italia. Su di lui infatti pesano due misure cautelari, una emessa dal gip del Tribunale di Roma e quella emessa a novembre 2018 dal gip di Cagliari. E richieste da ben due direzioni distrettuali antimafia.

 

fonte: ilmessaggero.it