Rita Delcroix ha raggiunto nei campi elisi il suo Giano Accame. Straordinario l’ultimo lavoro letterario su Giuliano De’ Medici “Il crepuscolo del Rinascimento”

ROMA – Rita Delcroix era persona di energia impetuosa. Non passava mai inosservata. Aveva memoria, forza e passione fuori dal comune. Era capace nell’arco della stessa giornata di farti arrabbiare e chiedere scusa; di farti ridere e commuovere. Passava con sorprendente disinvoltura da pensieri malinconici ad una allegria contagiosa.

Nacque di fronte all’Arno a Firenze nel 1936 e le rimase tutta la vita quel carattere toscano, spiritoso, sempre pronto alla battuta.

Figlia di Carlo Delcroix e Cesara Rosso di San Secondo aveva respirato fin da bambina l’amore per la storia e la letteratura.

Il padre Carlo fu un eroe della prima guerra mondiale, uno che a diciotto anni perse le mani e gli occhi al fronte combattendo contro gli austriaci. E poi poeta, scrittore, oratore, presidente dei mutilati di guerra. Fu già da giovane un mito, apprezzato da scrittori come Ezra Pound e Gabriele D’Annunzio.

La prima amica di Rita fu Fiorella Bossi che ricorda gli anni del dopoguerra: “I Delcroix erano la mia seconda famiglia. I genitori Carlo e Cesara nella Roma di quegli anni erano due autentici personaggi, conosciuti e ammirati. Avrebbero potuto mettermi soggezione, invece mi trattavano con tenerezza, mi sentivo al sicuro con loro. I tre fratelli Rita, Antonello e Francesca erano belli, scherzosi. C’era tra loro un grande senso di umanità. Rita, la mia amica del cuore, era una alunna speciale, imparava tutto con sorprendente facilità. Il pomeriggio dopo la scuola mi aiutava a studiare, era come avere una maestra per le ripetizioni. Anche anni dopo – alla facoltà di lettere – dimostrò di avere una marcia in più. Ebbe tra i suoi maestri Federico Chabod e passò tutti gli esami con trenta e trenta e lode”.

Nell’estate del 1960 Rita va in villeggiatura con i genitori in Liguria, a Loano. Ed è lì in riviera che incontra l’uomo della sua vita. E’ un giovane giornalista destinato a diventare uno dei più stimati intellettuali italiani: Giano Accame. Tra i due arriva il classico colpo di fulmine. Si appassionano immediatamente l’una dell’altro. Dopo il primo incontro al mare si vedono ancora a Firenze. Si scrivono molte lettere, sono impazienti di vivere uniti e infatti si sposano nel giro di soli sei mesi. Il loro amore durerà oltre mezzo secolo.
Dopo le nozze Giano e Rita decidono di vivere a Roma e cercano una casa dove piantare le radici. Rita ama il verde di Villa Borghese. Giano invece spinge per stare piu’ in centro. Alla fine approdano a lungotevere dei Mellini. La vista è spettacolare, si vede il fiume, Palazzo Medici, l’Altare della Patria e il Pantheon. Le cupole di San Rocco e San Carlo sono in prospettiva una dietro l’altra.

Arrivano presto i figli: Barbara, Zizzi e Nicolò.

Sono gli anni più belli. “Rita – scrive Giano ad un’amico che vive all’estero – ha occhi verdi profondi, un’animo romantico ed un temperamento forte che alle volte la porta a furibonde arrabbiature. Ma poi le passa presto perché è una donna di buon animo. Ha una naturale generosità per i deboli. Vorrebbe raccogliere tutti i cani e i gatti randagi di Roma. Divora i gialli di Simenon. Ha grande passione per la storia e la letteratura. Scrive bene, con facilità. Ma soprattutto, prima di ogni altra cosa, è una madre. I nostri tre figli sono il suo grande amore, il resto passa in secondo piano”.
La casa è sempre aperta, per gli amici e per gli amici degli amici. Si cucina a tempo pieno. Rita è cuoca brava e fantasiosa. “Quando Giano e Rita mi invitavano a cena – racconta lo scrittore Gennaro Malgieri – per me era sempre una festa. Adoravo mangiare in mezzo a tanti libri. Ogni incontro conviviale era un seminario dal quale tutti noi invitati uscivamo pieni di idee.

L’ultimo piano di lungotevere Mellini era un rifugio comunitario della Destra italiana ed europea. Ci s’incontrava con tanti amici tra i quali ricordo Fausto Gianfranceschi e Alfredo Cattabiani.

Le libagioni come le parole erano abbondanti. Ma ciò che sovrastava i discorsi e i tentativi di discussioni era il sorriso di Rita curiosa, colta, affettuosa”.

Anche Luca Gallesi, editore di Milano, benchè molto più giovane, ebbe un’amicizia fraterna con gli Accame: “A Loano – racconta – abbiamo passato estati indimenticabili. Rita era bellissima e sontuosamente ospitale. Dopo tanti anni cominciò a conoscere la Liguria meglio di Giano. Aveva regalato una nuova vitalità all’austera villa degli Accame”. Con Luca Gallesi il tempo libero si intreccia spesso con la collaborazione letteraria: “Rita era un’intellettuale raffinata. Ha insegnato, ha scritto poesie, racconti, saggi, ricordi. Ha pubblicato due libri bellissimi e premiati: la biografia di San Filippo Neri e la storia di Giuliano dei Medici. Entrambi i volumi hanno avuto successo tra i lettori e sono stati ristampati varie volte”.

A dicembre del 2008 Giano Accame aveva compiuto da poco ottant’anni. Raramente si è visto un anziano così bello, lucido, allegro, in forma. Eppure, poco prima della vigilia di Natale cominciò a tossire, si mise a letto, si ammalò. Noi della famiglia capimmo fin da subito che non ci sarebbe stato nulla da fare, ma non la rapidità con la quale quel male lo avrebbe portato via. Lui fece finta di non capire nulla e non mostrò il minimo malumore o segno di cedimento. Anzi si precipitò a terminare il suo ultimo libro: La morte dei Fascisti. Come in un gioco delle parti anche Rita rispettò il silenzio su quello che stava per accadere, standogli accanto come un’ombra amorevole.

Giano e Rita Accame hanno avuto cinque nipoti: Virginia, Giano junior, Matilde, Leone e Otto. Per loro stravedevano.

Rita dopo aver perduto il compagno di sempre non è mai più riuscita ad essere felice. Ad ogni pranzo di famiglia parlava di lui e finiva per commuoversi. Solo raramente sapeva apprezzare le cose belle della vita. Noi figli abbiamo provato a rimproverarla, a darle una prospettiva nuova. Forse non comprendendo fino in fondo il senso di solitudine nel quale era precipitata.
Negli ultimi tempi Rita Delcroix si era messa a scrivere un libro sul Risorgimento. Dipingeva quel periodo attraverso la storia e le lettere di un ragazzo partito da Quarto per la Spedizione dei Mille e presto ucciso nella Battaglia di Milazzo. Quel giovane garibaldino si chiamava Antonio Ghilini. Anche lui, come Giano, era loanese.

Rita Delcroix ci mancherà. Vorremmo che i tanti ricordi belli fossero più forti della malinconia. Ora ci piace salutarla con i versi di un poeta a lei caro: “Devo andare. Ho qualcuno che mi aspetta. Apri la porta, voglio vedere la luce”.

 

Nota della Famiglia Accame

La famiglia Accame esprime profonda gratitudine e stima per Isabel e Joe, due persone angeliche che hanno accompagnato amorevolmente Rita Delcroix nel suo ultimo tratto di vita terrena.